mercoledì 15 febbraio 2017

Anche La piccola Fadette “messa all’Indice” - Anna Albertano

L’Indice dei libri proibiti dalla Chiesa cattolica, Index librorum prohibitorum, pubblicato per la prima volta nel 1559, nelle sue diverse versioni, per oltre quattro secoli, ha messo al bando testi religiosi, scientifici, filosofici, storici e letterari, è stato infatti soppresso soltanto nel 1966.
La proibizione di opere considerate eretiche, risale all’origine della Chiesa, ma con l’invenzione della stampa a caratteri mobili a metà del XV secolo, la conseguente diffusione di testi, e per contrastare la Riforma Protestante, con l’aumento del numero dei fedeli che potevano apprendere la nuova dottrina su testi in volgare, attraverso l’Indice veniva controllata ogni opera stampata, e delle opere ritenute contrarie alla dottrina e alla morale cattolica veniva proibita la pubblicazione, la vendita, l’acquisto, la conservazione, la diffusione e naturalmente la lettura.
Lo sviluppo culturale del nostro Paese, considerato l’enorme potere della Chiesa, ne è stato fortemente condizionato, al Rinascimento è seguita infatti un’indubbia decadenza. La censura si applicava con controlli rigidissimi alle dogane, che bloccavano la circolazione di idee, chi tentava di far passare lo stesso i volumi rischiava la pena di morte. E fu particolarmente severa nelle università, soprattutto nelle materie scientifiche, anche le lezioni venivano controllate dall’Inquisizione. La persecuzione più dura proseguì fino a tutto il Settecento.
Un’oppressione secolare che ha lasciato segni profondi nella mentalità italiana. Mentre la diffusione della stampa avrebbe consentito l’innalzamento dell’istruzione, venne incentivato l’analfabetismo popolare. A preoccupare la Chiesa era proprio l’apprendimento e la capacità critica che ne sarebbe derivata, elemento di emancipazione civile.
Il prevalere di un atteggiamento di cortigianeria fra gli intellettuali italiani, con la graduale adozione di un parlare “difficile, cifrato e allusivo”, rendendo ulteriormente inaccessibile il sapere, non fece che aggravare tale assoggettamento.
Da noi la cultura non ebbe e tuttora non ha lo stesso valore che le viene riconosciuto altrove, per esempio nei Paesi del nord Europa, dove al contrario il livello di studio è un elemento indispensabile nell’affermazione sociale.
In una cupa e lunghissima storia di persecuzione, di condanne, di persone mandate al rogo, di paura, di umiliazione delle menti e spesso di avvilente autocensura, a farne le spese sono stati uomini e donne, la civiltà, la cultura, l’intelligenza umana.
Le donne, oltre che come autrici, erano tra i principali bersagli della censura, ad esse veniva se non precluso, ostacolato l’accesso stesso alla cultura.
In questa breve nota di memoria sulla censura, vorrei ricordare una grande scrittrice e drammaturga della Francia romantica, George Sand, pseudonimo di Aurore Dupin, donna libera e anticonformista, scrisse romanzi riguardanti l’emancipazione femminile, rivendicando il diritto alla libertà delle donne, l’uguaglianza fra uomo e donna. Nella vita come nelle opere rifiutò i ruoli femminili imposti a quel tempo. La sua opposizione al papato e alla sua politica le costò la messa all’Indice di tutte le sue opere.
Uno dei suoi romanzi, La piccola Fadette, del 1849, ambientato nella campagna francese, ha per protagonista una piccola vagabonda malvista dagli abitanti del borgo perché nipote di una guaritrice. Una lettura dell’adolescenza, che ricordo come storia avvincente per i fuochi fatui che si accendevano nei boschi la notte, e soprattutto per via di quella ragazzina non bella, osteggiata dalle persone intorno a lei, ma intelligente, generosa e capace di grandi sentimenti. Nulla di dissacrante, eppure una storia d’amore della metà dell’Ottocento, raccontata con gusto e con piena libertà di espressione, come difficilmente si poteva leggere sulle pagine di autori italiani coevi. Allora non ne capivo il perché.

Anna Albertano - poeta

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