lunedì 7 marzo 2016

Bruno Brunini - Le molteplici forme di censura culturale

 “Non leggo mai i giornali  al mattino  perché stampano solo quello che voglio io”. Ancora oggi fa riflettere questa affermazione di Napoleone III di Francia, quando si parla di censura culturale o più in generale di libertà di espressione.
Sebbene la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, abbia sancito dal 1948 l’intangibilità del diritto alla libertà di espressione, non sempre è possibile esprimere e far circolare le proprie idee. Nell’ambito artistico poi, in diverse parti del mondo, ci sono musicisti, poeti, registi, perseguitati, condannati, imprigionati, per la loro arte, da regimi dispotici che non tollerano voci dissonanti.
L’oscurantismo, l’intolleranza si sta diffondendo anche attraverso il terrorismo del fondamentalismo islamico. Il terribile attacco al Bataclan Club di Parigi del novembre 2015, ha colpito al cuore la musica e con essa i valori della libertà e della democrazia.
C’è quindi molta strada da fare per contrastare violenze e contraddizioni che minacciano la libertà di tutti. Come diceva Bobbio: “Il riconoscimento del valore della libertà non deve creare l’illusione della sua eterna durata”.


Per fortuna nel nostro paese gli artisti  non sono perseguitati o minacciati di morte, i poteri della censura culturale sono stati ridotti nel tempo, ma la censura non è mai scomparsa e si presenta in forme più subdole. Non tutti, infatti hanno le stesse opportunità di farsi conoscere e apprezzare per la propria ricerca artistica, a causa di un sistema di promozione e di comunicazione a senso unico, che funziona in base alla rete di amicizie, all’appartenenza a una corporazione o a gruppi ristretti che occupano posizioni di potere.

Un sistema trasversale, ramificato nelle istituzioni culturali, nell’editoria, nelle industrie discografiche, che non riconosce tutto quello che si produce al di fuori di questa logica. 
Specchio di questa situazione è la mancanza di indipendenza dei media e dei giornali più influenti che non rendono conto di una realtà molto più varia e imprevedibile di quella che rappresentano. Il loro silenzio equivale a una forma di censura che colpisce le voci critiche, chi è portatore di originalità. 


E’ vero che nell’epoca del web l’uso di internet offre la possibilità di ampliare la libertà di espressione e di partecipazione, ma la sua evoluzione non è lineare. Il vuoto di cultura che viviamo, l’omologazione, i condizionamenti dalle gerarchie di potere si riflettono anche nella rete, dove può succedere che molte opere valide finiscano per essere oscurate dalla massa enorme di messaggi, spesso irrilevanti.

Spazi di libertà e di riflessione su quanto accade, sono però creati anche da manifestazioni come il Music Freedom Day, che al di là del sostegno dovuto agli artisti  perseguitati e in pericolo di vita, possono servire a portare una cultura orizzontale, libera, accessibile a tutti, che in ogni campo dell’arte, valorizzi il dialogo e azioni concrete per divulgare le diverse attività artistiche dei soggetti del territorio, vittime del silenzio dei media, perché come ha scritto Nelson Mandela: “Essere liberi non significa solo spezzare le proprie catene,  ma vivere  nel rispetto degli altri ed agire per raggiungere la libertà di tutti”.


BRUNO BRUNINI

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