venerdì 3 marzo 2017

Italia: mestieri da femmina - Chiara Stefani

Nonostante sia passato già un secolo dalle prime conquiste del femminismo, in Italia sembriamo ancora in pieno ottocento. Nel modello imperante catto-borghese, la donna è indotta a sentirsi realizzata solo nel matrimonio, lavora solo perchè costretta per motivi economici, e se potesse farebbe la madre di famiglia e la casalinga a tempo pieno, dedicandosi nel poco tempo libero all’estetica, al fitness e allo shopping.
Come nel film ‘Mona Lisa Smile’, dove le eccellenze femminili statunitensi anni ’50 si laureano solo per far fare bella figura al futuro marito a cui sono predestinate, e studiano solo per non metterlo in imbarazzo con una conversazione inappropriata di fronte ai suoi ospiti...
Se per secoli i crismi castranti verso le donne sono stati scagliati con atroce veemenza dai pulpiti delle chiese, da mezzo secolo a questa parte invece è la televisione ad educare subdolamente (e non) le femmine fin da piccole ad essere mogli perfette e mere procreatrici, guai se non fertili.

Il culto mariano è ancora in auge, ispirando modelli come ‘l’angelo del focolare’ (madre amorevole e moglie devota) e la ‘missionaria’ (maestra-suora, infermiera io-ti-salverò, badante asessuata...).
Dal peggio del maschilismo invece vantiamo la ‘rim-bambola’ (modella-miss-velina); l’‘andro(va)gina’ (donna-manager, donna-militare, atleta ma-solo-se-olimpionica); e la ‘trasgres-sex’ (prostituta, pornostar).
Qualunque altro stile di vita alternativo o scelta diversa vengono messi rigorosamente al bando, e le donne ‘inadeguabili’ si autocensurano, schiacciate dal senso di colpa per aver trasgredito al modello.
 
Anche nell’arte la donna italiana tende ad autocensurarsi; pochissime le donne compositrici, direttrici d’orchestra o registe; un’artista italiana può al massimo cantare, danzare o suonare l’arpa (forse il violoncello)...
Così come il sacerdozio cattolico è destinato solo agli uomini, ancora adesso le artiste italiane possono primeggiare solo sotto la severa supervisione di un direttore maschio. Anche la storia artistica femminile viene occultata (e quindi censurata), basti consultare un’enciclopedia tradizionale; le musiciste vengono citate (ma di sfuggita) solo se madri, sorelle o mogli di famosi compositori. E ancora oggi, se mai un’italiana dovesse permettersi di creare arte e autogestirsi, verrebbe considerata una pazzoide o una strega, a meno che non compaia in TV o non sia una costola adamitica di qualche personaggio già famoso.
Ma di chi è la colpa? Della mentalità italiana (e di chi la subisce passivamente), che con la sua arretratezza trogloditica sconfessa e vanifica le fatiche compiute nel secolo scorso dalle femministe.
È vero che in Italia l’artista non è una figura professionale riconosciuta al di fuori del mainstream, ma la maggior parte delle italiane non prende neanche in considerazione la possibilità di dedicarsi alla ricerca o all’imprenditorialità artistica perchè non li considera ‘mestieri da femmina’. Fortunatamente però c’è una minoranza di donne e artiste che sfugge alle statistiche... nonostante tutti gli ostacoli e le censure, noi perseveriamo ed educhiamo le nostre figlie/i - allieve/i ad essere libere/i

Chiara Stefani - Artemaieuta

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