Nonostante
sia passato già un secolo dalle prime conquiste del femminismo, in
Italia sembriamo ancora in pieno ottocento. Nel modello imperante
catto-borghese, la donna è indotta a sentirsi realizzata solo nel
matrimonio, lavora solo perchè costretta per motivi economici, e se
potesse farebbe la madre di famiglia e la casalinga a tempo pieno,
dedicandosi nel poco tempo libero all’estetica, al fitness e allo
shopping.
Come
nel film ‘Mona Lisa Smile’, dove le eccellenze femminili
statunitensi anni ’50 si laureano solo per far fare bella figura al
futuro marito a cui sono predestinate, e studiano solo per non
metterlo in imbarazzo con una conversazione inappropriata di fronte
ai suoi ospiti...
Se
per secoli i crismi castranti verso le donne sono stati scagliati con
atroce veemenza dai pulpiti delle chiese, da mezzo secolo a questa
parte invece è la televisione ad educare subdolamente (e non) le
femmine fin da piccole ad essere mogli perfette e mere procreatrici,
guai se non fertili.
Il
culto mariano è ancora in auge, ispirando modelli come ‘l’angelo
del focolare’ (madre amorevole e moglie devota) e la ‘missionaria’
(maestra-suora, infermiera io-ti-salverò, badante asessuata...).
Dal
peggio del maschilismo invece vantiamo la ‘rim-bambola’
(modella-miss-velina); l’‘andro(va)gina’ (donna-manager,
donna-militare, atleta ma-solo-se-olimpionica); e la ‘trasgres-sex’
(prostituta, pornostar).
Qualunque
altro stile di vita alternativo o scelta diversa vengono messi
rigorosamente al bando, e le donne ‘inadeguabili’ si
autocensurano, schiacciate dal senso di colpa per aver trasgredito al
modello.
Anche
nell’arte la donna italiana tende ad autocensurarsi; pochissime le
donne compositrici, direttrici d’orchestra o registe; un’artista
italiana può al massimo cantare, danzare o suonare l’arpa (forse
il violoncello)...
Così
come il sacerdozio cattolico è destinato solo agli uomini, ancora
adesso le artiste italiane possono primeggiare solo sotto la severa
supervisione di un direttore maschio. Anche la storia artistica
femminile viene occultata (e quindi censurata), basti consultare
un’enciclopedia tradizionale; le musiciste vengono citate (ma di
sfuggita) solo se madri, sorelle o mogli di famosi compositori. E
ancora oggi, se mai un’italiana dovesse permettersi di creare arte
e autogestirsi, verrebbe considerata una pazzoide o una strega, a
meno che non compaia in TV o non sia una costola adamitica di qualche
personaggio già famoso.
Ma
di chi è la colpa? Della mentalità italiana (e di chi la subisce
passivamente), che con la sua arretratezza trogloditica sconfessa e
vanifica le fatiche compiute nel secolo scorso dalle femministe.
È
vero che in Italia l’artista non è una figura professionale
riconosciuta al di fuori del mainstream, ma la maggior parte delle
italiane non prende neanche in considerazione la possibilità di
dedicarsi alla ricerca o all’imprenditorialità artistica perchè
non li considera ‘mestieri da femmina’. Fortunatamente però c’è
una minoranza di donne e artiste che sfugge alle statistiche...
nonostante tutti gli ostacoli e le censure, noi perseveriamo ed
educhiamo le nostre figlie/i - allieve/i ad essere libere/i
Chiara Stefani - Artemaieuta
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.